Se spesso il testo poetico si prepara allo snodo, a una ripresa che può rimanere incompiuta, questa necessità di organizzare un ‘secondo termine’ non riguarda la scrittura di Simone Romagnoli. Nella prima raccolta dell’autore (La scrematura del soggetto, Seri Editore 2020), stesura e componimento sembrano coincidere, poiché la sua poesia è un tradurre non solo il pensiero ma anche il pensiero della lingua, in quello che diventa un dialogo fedele, proposto quasi immediatamente. Spetta alla forte simbologia rendere visibile una mediazione, nella sintesi che riflette la realtà e il suo scarto. Questa prontezza, evidente nel risultato, è esemplificata soprattutto dal tempo dei versi. Si distingue infatti un uso della punteggiatura interessante, di seguito analizzato.
Verso in una bolla
Da poeta a poeta (Simone Romagnoli, La scrematura del soggetto)
stupore solo nostro,
ci siamo contati e non porta.
Potrebbe finire lo sai anche tu,
se non lo sai chiedilo ai dinosauri,
fallo prima di merenda
atterra sulle tue molliche
non ti serve un volo in più.
La coppia «Potrebbe finire lo sai anche tu, / se non lo sai chiedilo ai dinosauri,» mostra una disposizione della virgola insolita. In entrambi i casi la pausa viene rimandata, poiché invece di trovarsi al centro, consolida quella bianca, naturale, dell’andare a capo. L’effetto è un controllare il fiato e trattenerlo come in una gara infantile (v. «dinosauri», «merenda»); chi legge si affida al testo e solo al termine del verso riemerge, perché nota il contrasto con la regola, la quale tuttavia non è rimossa ma posticipata. La velocità indotta della lettura assume un suo valore: quel «potrebbe finire» si nominalizza mediante il solo suffisso della voce che lo solidifica. Il sintagma è fatto citazione, e si svuota, come se l’autore volesse in realtà rivelare la distanza nel suo desiderio, attraverso il ritardo dell’interpunzione e la sterile mancanza di azioni. La tragicità appartiene a un’altra veste, quella della ripetizione consegnata alla storia intera. La posposizione della virgola compare anche in «dormi pure per l’orrore non c’è toppa,». In «Tolgo la guerra e scrivo l’Italia ripudia,» la frase finale è cristallizzata senza dei segni che ne permettano il riconoscimento, affidato sempre alla rapidità.
Con le guance rosa bimbo
Matilde non lo sa (Simone Romagnoli, La scrematura del soggetto)
l’anziana Matilde al tavolo di lavoro siede,
non sa di altri tipi di rammendo
e forbici ago e filo
come Shakespeare con i sonetti fa cantare.
Non sbiancar cara Matilde
ci son fiori non sbocciati che hanno punti di sutura
stac stac fanno le forbici a tagliar via la giovinezza
ma tu che ne sai,
dei veli dell’islam,
dei fiotti, delle crociate?
Ti sei svegliata al rumore dell’attrezzo,
dormi pure per l’orrore non c’è toppa,
lo strappo è dentro e fuori.
Dietro la corsa dell’estintore
Un carrozziere di Genova (Simone Romagnoli, La scrematura del soggetto)
centinaia di ragazzi si sono spenti,
sbattuti sui lavandini e sulle porte dei bagni,
d’altronde non nascondo che anche le macchine
hanno riportato alcune ammaccature,
difficile però stipulare una polizza per la tortura,
ogni tanto uno sfollagente agisce da solo.
Tolgo la guerra e scrivo l’Italia ripudia,
sono debole di costituzione.
I fatti, gli oggetti, sono rappresentazioni di una quotidianità che può replicarsi anche senza un senso di lontananza. Sembrano estrapolati da angoli diversi di una grande bottega, subito dopo la chiusura, quando l’assenza di illuminazione determina un’apparente assenza di collocazione. È questo momento, questo requisito impossibile, a elevare ciò che la poesia di Romagnoli racconta.
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