Il 16 marzo 2021 si sono celebrati i 100 anni dalla morte di Ercole Luigi Morselli, poeta e drammaturgo pesarese scomparso in giovane età e purtroppo dimenticato dalla critica italiana. L’autore fu contemporaneo di Papini e Prezzolini con i quali condivise l’amore per l’arte e la letteratura. Il testo sottostante è un estratto della mia tesi di laurea Ercole Luigi Morselli tra scrittura ed esercizio grafico incentrato sulle Favole per i re d’oggi.
Le Favole per i re d’oggi vengono pubblicate per la prima volta dalle edizioni Bernardo Lux di Roma nel 1909. La prefazione ricorda una graziosa favola di Ismailow in cui c’è un re che scaccia come impudente la Verità dal suo palazzo, ma poi le fa buona accoglienza quand’ella si ripresenta vestita di una bella veste d’oro e stellata di gemme che si era fatta donare dalla Fantasia.
Il successo è immediato e da tutta Italia piovono gli elogi su questa prima opera a stampa del giovane autore: una sorta di ‘bestiario morale‘ ad uso e consumo dei borghesi, che ha per protagonisti somari, aquilotti, tartarughe, ragni, serpenti, leoni ed ermellini.
I re cui sono destinate le Favole, come afferma Morselli stesso, novello Esopo, non sono altro che il comune gregge dei contemporanei stracarichi di boria e di tutti gli altri peccati comuni ai re, perpetuamente illusi di nostra potenza così nelle battaglie dell’anima, come in quelle della vita. Le Favole del Morselli si intitolano per i re d’oggi perché forse hanno un remoto significato d’ammonimento sociale, ma in verità sono per tutti perché sotto aspetti di pura invenzione nascondono invece solenni realtà.
Morselli scrisse le Favole a 26 anni, dopo il viaggio che dall’Italia lo aveva portato in Africa e successivamente in America del sud, a contatto con persone e fatti di ogni genere, con pericoli reali ed immaginari.
Morselli guardava alla società umana e alla vita in genere, con aperta ironia, convinto che si reggesse su un’incrinatura; che il bene e il male, il vizio e la virtù, spesso altro non erano che le due facce del medesimo pregiudizio.
L’autore non rispettò i parametri critici allora in uso ma rovesciò certi contenuti, infatti le sue Favole non avevano un fine pedagogico o pratico. Egli cercò di sconvolgere un ordine morale sclerotico arrogante [sic!] in cui l’ipocrisia e la presunzione tenevano il posto della verità e della saggezza.
Gli animali del Morselli scioperano, discutono e si organizzano, oppure filosofeggiano tristemente sulle vicissitudini umane; essi permettono di capire lo spirito morselliano e sono necessari ad esprimere il significato della vita umana in modo ironico, con quel tocco di verità ed entrando nella mente dell’autore, delineando il suo punto di vista sulla realtà delle cose.
Nelle Favole di Morselli figurano le virtù teologali e le virtù cardinali, i sette peccati mortali, la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza, le rinomate virtù, i beni desiderati e le certezze incerte. Un mondo di ironie e di verità in un’opera densa di pensiero, dettata in una forma freschissima, perfetta, viva, che ricorda i grandi novellieri dei secoli migliori.
In questa opera Morselli trasferisce la sua amara esperienza del vivere, le virtù ipocrite e i vizi sociali che aveva sperimentato nel suo irrequieto peregrinare. Egli si mosse come un eroe romantico, trepido, melanconico in un mondo dove la virtù vera non veniva mai premiata e i deboli venivano sempre oppressi.
Morselli si affidò all’aiuto di Augusto Bastianini per la realizzazione della grafica della copertina delle Favole. Bastianini per lo studio della copertina si ispirò a suo dire alla favola dell’aquilotto:
Essendo giorno di festa, alcuni somari mangiavano in un prato, e si divertivano alla lor maniera. Un aquilotto, bell’umore, vedendoli, discese in mezzo al prato; e poi che tutti gli furono d’intorno, disse loro:
«Da certi vecchi nostri, ho sentito raccontare che, in un tempo lontano, gli asini volavano: mi volete dir voi, se questo è mai stato vero?»
Allora quel branco di somari alzò un rumore infernale, che fece rimbucare tutte le talpe della valle; e poi, in coro, stonando ferocemente, disse:
«Noi volare? Noi lasciare la nostra greppia sicura e onorata, per affidarci a quattro pennacce, come voialtri, col rischio di morir di fame tra le nuvole? Che razza d’animale sei tu, che vai dicendo di noi simili malignità? e ci butti in viso sì spudorata ingiuria? Ti sappiam dire che non avevamo mai veduto un uccellaccio come te!»
«E io vi so dire – rispose l’aquilotto levandosi d’un colpo d’ala – che d’asini come voi n’ho visti molti!»
La copertina è oggi presente tra i disegni del Fondo Morselli alla Biblioteca Oliveriana di Pesaro.
La prima edizione delle Favole può dirsi un piccolo oggetto prezioso non tanto dalla veste quanto nell’impaginazione, ornato da fregi e capilettera di gusto liberty ove ogni favola, spesso brevissima, trae rilievo dai larghi margini bianchi della pagina.
L’autore delle Favole è così ricordato da Tommaso Sillani: Ercole Luigi Morselli, un’anima fantastica e irrequieta.